| Ti lascio questo articolo da leggere che pubblicheremo anche noi anche se un pò datato:
Laureati in scienze politiche? Uno su quattro cerca lavoro
A un anno dalla laurea quasi il 24 per cento è ancora disoccupato. Sei punti percentuali in più della media dei laureati. Le differenze con gli altri si riducono solo dopo cinque anni. I risultati dell’indagine di AlmaLaurea presentata oggi all’università di Messina in occasione della giornata di studio dei presidi di Facoltà di Scienze Politiche.
Sono tra i laureati che hanno il più alto tasso di disoccupazione. A un anno dal conseguimento del titolo uno su quattro di chi esce dal Scienze Politiche è ancora alla ricerca di un impiego e, tra quelli che lo trovano, quasi la metà incappa in un contratto atipico. Sono questi alcuni dei risultati dell’indagine sui laureati in Scienze Politiche presentata oggi dal Consorzio AlmaLaurea all’università di Messina in occasione della giornata di studio dei presidi di Facoltà di Scienze Politiche.
Le difficoltà maggiori per entrare nel mercato del lavoro si registrano soprattutto all’inizio. Dopp dodici mesi, il 23,4 per cento dei laureati di queste facoltà è ancora alla ricerca di un impiego. Ovvero quasi sei punti percentuali in più di quanto non succeda alla media dei laureati (18,1 per cento). La differenza si va però attenuando nel tempo. Dopo tre anni la forbice si restringe a solo un punto percentuale (9,6 per cento contro l’8,6 per cento). Solo dopo cinque anni non ci sono più differenze (4,4 per cento e 4,6 per cento).
E quelli che il lavoro riescono a trovarlo? Il 54, 3 per cento dopo dodici mesi ha già preso posto in un’impresa o in una pubblica amministrazione. La percentuale, relativa ai laureati che hanno seguito il percorso di laurea precedente alla riforma, è ad ogni modo condizionata dall’elevato numero di studenti-lavoratori che caratterizza questo indirizzo di studi.
Tra i laureati del 2006 gli studenti-lavoratori di scienze politiche erano stati, tra i pre-riforma, il 18,5 per cento, ovvero più del doppio di quelli della media universitaria (il 9,5 per cento). E tra quelli del “post-riforma” il 14,1 per cento con punte massime del 31,3 per cento nell’insieme degli “ibridi”, ovvero di chi è passato ai corsi triennali dopo essere stato iscritto ai vecchi percorsi.
Gli studenti-lavoratori si concentrano soprattutto nei corsi di scienze dell’amministrazione e scienze sociologiche. Più attenuata invece la loro presenza nei rami di studio relativi a scienze politiche e relazioni internazionali e quelle del servizio sociale.
A conferma di quanto detto, anche i dati di dettaglio relativi agli occupati dopo il primo anno. Il 35,3 per cento prosegue infatti un lavoro che aveva iniziato prima della laurea (sono il 26,5 nel totale delle facoltà) mentre quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il conseguimento del titolo sono solo il 45,8 per cento, molti meno del valore complessivo delle università del consorzio (il 56 per cento).
Questa caratteristica spiega anche la maggiore “stabilità” iniziale delle tipologie contrattuali di chi esce dalle facoltà di scienze politiche. A un anno dalla laurea hanno infatto un impiego stabile il 41,6 per cento dei laureati (contro il 38,4 per cento della media) e hanno un impiego atipico il 45,9 per cento (contro il 47,4 per cento). Dopo cinque anni però la quota degli atipici si attesta al 27,4 per cento, ovvero un punto percentuale in più rispetto alla media nazionale.
Per quanto riguarda i laureati “triennali”, la gran parte si iscrive alla specialistica (il 38,9 per cento), il 32,1 per cento lavora mentre il 20,1 per cento fa tutte e due e un’esigua percentuale si è messa alla ricerca di un impiego.
Se si guarda invece alla paga, si scopre quello che può sembrare un paradosso. Dopo un anno i laureati del “vecchio ordinamento” arrivano a guadagnare in media 1.079 euro, ovvero pressoché lo stesso dei “triennali” che portano a casa ogni mese 1.036 euro. Anche questo fenomeno però è spiegabile con la presenza di un elevato numero di studenti che hanno già un impiego e una retribuzione precedente alla laurea. Sono infatti i corsi di studio dove sono più presenti gli studenti lavoratori quelli con le retribuzioni più elevate.
Fonte: miojob.repubblica.it 12 ottobre 2007
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